Chiesa Italiana. Ecco come funziona la rete contro gli abusi

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Chiesa Italiana. Ecco come funziona la rete contro gli abusi

Sono tutti raggruppati in un unico elenco pubblicato sul sito istituzionale del Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Cei e in continuo aggiornamento, i primi cento siti dei Servizi diocesani per la tutela dei minori veicolando maniera sinergica dalle iniziative avviate dalle comunità locali. Un prezioso collegamento che andrà crescendo nelle prossime settimane e che testimonia la volontà della Chiesa italiana di proseguire e ampliare l’impegno su questo fronte delicatissimo e urgente. Tutte le 226 diocesi hanno costituito il proprio servizio diocesano, alcune hanno un centro d’ascolto. Una rete importante che ora, per buona parte, è online attraverso un link accessibili a tutti.

«Il contrasto agli abusi in ambito ecclesiastico – osserva Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili – è un percorso cresciuto con una evoluzione costante nel tempo. Negli ultimi anni si è avuta una crescita della sensibilizzazione e delle azioni messe in campo per promuovere una cultura adeguata e, soprattutto, per prevenire possibili situazioni non corrette».

Prova inequivocabile della scelta di impegno e di trasparenza abbracciata dalla Chiesa in Italia che ha raccolto l’esortazione di Francesco nella lotta agli abusi e si è dotata di strumenti normativi e operativi per un intervento efficace e duraturo. Evidentemente una rete così vasta e articolata non si crea con un colpo di bacchetta magica e neppure facendo tabula rasa dell’esistente, ma è necessario investire tempo e risorse in formazione e informazione. «Senza fondamenta solide – aggiunge la coordinatrice nazionale – nessuna costruzione regge e per essere all’altezza del compito, che rappresenta un impegno autentico che ci sta di fronte e che ci interroga, è necessario mettere in campo laici, sacerdoti, religiosi e religiose che sappiano andare incontro al dolore delle vittime e dei sopravvissuti accogliendoli con competenza e delicatezza». Come ha detto papa Francesco: «Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore».

Un obiettivo che può già contare su competenze adeguate in cui la componente laica e femminile è preponderante. L’aveva già fatto notare qualche tempo fa il l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale Cei tutela minori, a proposito dei componenti delle équipe multidisciplinari: «Oltre la metà sono laici, il resto sacerdoti esperti di diritto canonico o con incarichi nella pastorale familiare o giovanile. Ma ci sono anche delle religiose. Tra i laici sono predominanti le donne, e tutte con una preparazione di ottimo livello. Molte psicologhe, psicoterapeute, esperte di consulenza familiare. Non poche con preparazione giuridica».

Le linee guida
La buona rivoluzione della Chiesa sul fronte della tutela dei minori è partita oltre due anni fa, con l’approvazione delle linee guida. «Non è esagerato parlare di rivoluzione perché questo testo ha davvero uno sguardo a 360 gradi», fa notare don Gianluca Marchetti, docente di diritto canonico, promotore di giustizia, membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale contro gli abusi. «E proprio le Linee guida, che qualcuno critica senza conoscere, spiegano che la Chiesa non dovrà più affrontare questo problema in modo legalistico e punitivo, ma con uno sguardo più ampio, pastorale, educativo, accogliente e sinergico. Visto che riguarda tutti, vogliamo rendere corresponsabile l’intera comunità e, nello stesso tempo, secondo lo spirito del Vangelo, offrire un servizio all’intera società».

L’errore che spesso viene fatto è quello di considerare le Linee guida un testo giuridico, mentre si tratta innanzi tutto di un documento pastorale. Allo stesso modo qualcuno ogni tanto riprende la vecchia questione dell’obbligo di denuncia. «Ma questo obbligo non esiste neppure per la legge civile – spiega il canonista – e poi va smontato il falso mito secondo cui il diritto canonico è una via privilegiata per proteggere preti e vescovi. Tutto falso. Qualsiasi cittadino italiano che sia chierico o laico risponde alla legge italiana e le nostre Linee guida incoraggiano la denuncia». Altra confusione sempre più intollerabile è quella tra delitto e peccato. Quando un chierico commette un peccato contro il sesto comandamento violando la libera volontà di un minore, commette evidentemente anche un delitto. «Per la legge civile però – precisa don Marchetti – serve l’oggettività del reato, per la legge della Chiesa si fa riferimento al sesto comandamento che è un concetto molto più ampio. Posso peccare contro il sesto comandamento anche senza commettere un delitto e, se sono sacerdote e se l’oggetto del mio peccato è un minore, il diritto canonico interviene».

Tanto più che il recente Motu proprio di papa Francesco, che ha riformato il Libro Sesto del Codice di diritto canonico, parla in modo esplicito di reati contro la vita, la libertà, la dignità dell’uomo. Un passaggio di vitale importanza – fa notare l’esperto – perché non riguarda solo chierici e religiosi ma anche i laici che operano nella realtà ecclesiastiche e dimostra come la Chiesa sia pronta a recepire una nuova sensibilità sul fronte della protezione delle vittime.

L’esperienza di Pisa
Una rinnovata attenzione verso i minori di cui Servizi diocesani e Centri di ascolto sono un esempio palpabile da Nord a Sud. «Il nostro Servizio diocesano opera con un lavoro di équipe. C’è una psicologa, una pedagogista, una responsabile dell’ufficio scuola diocesano, un canonista e una responsabile del Centro di ascolto». Donne poco coinvolte nella lotta agli abusi? «Siamo quattro donne e un uomo. L’unica consacrata sono io, gli altri sono madri e padri di famiglia», osserva suor Tosca Ferrante, religiosa apostolina, psicologa e coordinatrice regionale della Toscana e della diocesi di Pisa del Servizio tutela minori. «Il nostro arcivescovo Giovanni Paolo Benotto – riprende l’esperta – ha dato grande impulso alla formazione e all’informazione. Abbiamo già contattato diverse agenzie educative per incontri non solo sulla pedofilia ma anche sul piano dell’educazione all’affettività secondo il progetto della Chiesa che si prende cura della formazione integrale della persona».

Per l’autunno sono già stati programmati Open day con la collaborazione di altri uffici diocesani (pastorale giovanile, scuola e catechesi) oltre all’Azione cattolica e agli Scout, in cui saranno invitati educatori e operatori pastorali. Mentre, in collaborazione con l’ufficio famiglia ci si rivolgerà in modo specifico ai genitori. «La scelta – riprende suor Ferrante – è quella di distinguere in modo attento gli interlocutori per poter affrontare in profondità i vari aspetti del problema». Nell’ambito del Servizio tutela minori opera poi il Centro di ascolto che ha una responsabile specifica, una sede riservata e una mail dedicata (tutte le informazioni sul sito della diocesi), con il compito di raccogliere segnalazioni di abusi commessi da sacerdoti e da persone nell’ambito ecclesiale. «Un servizio pastorale che non si sostituisce alla magistratura e alle forze dell’ordine ma – conclude la religiosa-psicologa – ha l’obiettivo di accogliere ed ascoltare le persone, offrendo poi un supporto psicologico, tecnico e giuridico». Tutte le segnalazioni saranno poi presentate al vescovo che deciderà per l’avvio un’indagine previa sul piano canonico, invitando allo stesso tempo la persona coinvolta a rivolgersi, quando è il caso, all’autorità giudiziaria.

(Luciano Moia)

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